Kafta
Non sono ricette

Fame accecante

Solo chi, come me, adora la visione di una tavola apparecchiata nei minimi dettagli e i minuti di trepida attesa che precedono l’arrivo delle pietanze a tavola sa quanto sia ingiusto sentire lo squillo del telefono proprio in quei momenti.

Era il primo giorno di Ramadan di tanti anni fa.
Alle 19:07 minuti in punto, tutto quello che volevo sentire era la voce del Muezzin, che con il suo Allahu Akbar avrebbe dato il via all’assalto alla tavola, rompendo così il digiuno del primo giorno e permettendoci di divorare le leccornie che ci stavano aspettando.
Invece, al telefono era Orit, un’infermiera amica di famiglia che mi comunicava in ebraico yemenita che mio fratello Talal era appena arrivato al pronto soccorso dopo un incidente in moto.
Orit mi ha subito assicurato che Talal stava bene, che aveva qualche ferita superficiale ma lo stavano già curando.

Mentre tiravo un sospiro di sollievo, mi è venuto in mente che solo qualche ora prima avevo cercato di dissuadere Talal dal prendere in prestito quella moto. Prima di tutto non aveva la patente e poi, cosa forse più importante, avrebbe quasi sicuramente fatto tardi per l’Ifṭār.

Quando ho abbassato la cornetta del telefono il Muezzin aveva già finito e intorno alla tavola già si mangiava a ritmo sostenuto.

Per qualche minuto ho davvero pensato di nascondere la notizia ai miei. Cosa volete che vi dica, la fame è accecante. Una volta vuotato il sacco, ho perfino tentato di dissuadere mio padre dall’andare subito al pronto soccorso. Volevo che mangiassimo, prima.
Così gli ho suggerito di contattare lo zio Jalal, il primario di quel pronto soccorso, che avrebbe potuto tranquillizzarlo e persuaderlo.

E invece niente, nel giro di pochi secondi eravamo già in macchina. Neanche un bicchiere d’acqua avevo bevuto. Così, ancora terribilmente a digiuno, mi sono trovato in viaggio verso l’ospedale.

Il mio amato fratello guasta feste era riuscito a non farmi provare dolore – e, a dire il vero, neanche vera preoccupazione – per il suo incidente. In macchina non pensavo ad altro che alla tavola. Ci tenevo proprio che fosse perfetta per il primo giorno del fantastico mese di Ramadan.

Quel pomeriggio ero andato dal macellaio. Avevo portato con me 3 cipolle e prezzemolo in abbondanza. Ho chiesto due kili di macinato misto, manzo e agnello, da tritare direttamente con quello che avevo in mano. Ho chiesto che la carne fosse un po’ grassa, la preferisco così quando si fa al forno.

Mia madre aveva preparato gli antipasti e la minestra, indispensabili per la tavola di Ramadan, e poi si è occupata del riso e dei dolci. A me aveva lasciato il compito del Kafta al Forno, uno di piatti che mi appassionano di più.

Tornato dal macellaio, ho messo il mio macinato speziato in una ciotola e l’ho impastato a mano con sale, pepe, un po’ di cumino, qualche foglia verde di coriandolo, del pan grattato e un filo d’olio evo. Poi l’ho lasciato a riposare per un po’.

Ho lavato e sbucciato le patate, le ho tagliate a rondelle sottili e rosolate poco in olio di semi, poi le ho appoggiate su un panno assorbente.

In una teglia da forno spalmata con un filo d’olio ho appoggiato l’impasto di carne, l’ho steso fino ad occupare tutta la lunghezza, e l’ho coperto con uno strato di patate rosolate. A questo punto l’ho infilato nel forno. A cuocere non ci mette tanto.
Una volta infornato, ho preso un bicchiere di tahina e l’ho sbattuta con acqua, sale, succo di limone e un po’ di prezzemolo. Quando la carne era cotta ho versato il mio mix di tahina su tutta la superficie del piatto e, quindi, ho rimesso tutto in forno modalità grill per circa 3 minuti, giusto il tempo di far prendere alla tahina un colore leggermente dorato.
Il Kafta era pronto in meno di un’ora. È stata un’ora veramente troppo sofferta, per uno come me, non abituato a fare il digiuno.

Ebbene sì, lo ammetto. Io rimanevo a digiuno solo quando non riuscivo a mangiare di nascosto, cosa che facevo per non offendere chi era a digiuno in casa, cioè praticamente tutti, a parte Talal.

Quella sera, arrivati al pronto soccorso, mio fratello si è finto tremendamente addolorato.
Fortunatamente, le ferite erano davvero molto leggere e così siamo tornati insieme a casa. Ad aspettarci c’erano gli avanzi di tutte le pietanze preparate, tranne il Kafta.

Così ho mangiato ciò che rimaneva, ma la mia era diventata fame nervosa, atavica, inconsolabile. Alla fine, sconfitto, mi sono alzato da tavola giurando di staccare il telefono un’ora prima di ogni Iftar durante tutto il Ramadan.

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