Sapori

I mille volti della paprika

Piccante, dolciastra, rosso mattone, rosso rubino, rosata, affumicata, pungente. Le varietà di paprika presenti sul mercato sono davvero tante. Ma qual è quella migliore? E soprattutto, da dove arriva questa spezia? E in cosa si differenzia dal peperoncino?

Origine della paprika

La paprika, o paprica, è una spezia che si ottiene dalla lavorazione dei baccelli del Capiscum annuum, un arbusto annuale appartenente alle Solanaceae originario del Messico e, in generale, dell’America centro-meridionale. Sì, stiamo parlando proprio dello stesso vegetale che chiamiamo peperone, o peperoncino.

Le varietà domesticate del Capiscum sono in tutto cinque, tra le quali si evidenziano la chinenses – peperoncino habanero – la frutescens – tabasco – e, appunto, il Capiscum annuum, grazie alla quale abbiamo, tra gli altri, il peperone dolce, il peperoncino comune e il peperoncino jalapeno.

Questa pianta non richiede particolari cure e, ai giorni nostri, è coltivata in gran parte del mondo. Dopo la semina, che avviene con i primi raggi di sole primaverili, i peperoni e peperoncini verranno raccolti tra la fine dell’estate e l’autunno, fatti seccare e macinati per produrre la paprika.

Storia e curiosità della paprika

Secondo esperti e gourmet la paprika di qualità migliore proviene dall’Ungheria.

Una leggenda ungherese racconta che fu una giovane donna fuggita da un harem turco ad insegnare ai suoi compaesani, prima, e a tutta la nazione, poi, come lavorare i peperoncini freschi per produrne una spezia.

In ogni caso, la storia ci insegna che tutte le tipologie di peperone – e, quindi, anche i suoi derivati – hanno dovuto aspettare che Colombo e i suoi compari tornassero a casa per diffondersi in Europa. Pare, comunque, che fino al XIX secolo nel vecchio continente questa pianta non venisse utilizzata in cucina, diversamente da quanto avveniva in Asia o nel vicino Oriente.

Al di là delle credenze popolari, comunque, alla paprika e all’Ungheria è legata una fondamentale scoperta scientifica.
Nel 1937, infatti, venne conferito il premio Nobel per la medicina ad Albert Szent-Györgyi, scienziato di origine ungherese naturalizzato statunitense.
Il prestigioso riconoscimento gli fu assegnato per i suoi fondamentali studi sull’acido l-ascorbico (l’importantissima vitamina C) realizzati proprio lavorando sulla spezia rossastra.

Utilizzo della paprika

A questo punto abbiamo capito che paprika e peperoncino non sono sinonimi. Per produrre questa spezia, infatti, peperoni e peperoncini vengono tagliati, liberati della parte centrale, essiccati e tritati, a volte mescolando tipologie diverse.

La paprika più dolce potrà essere impiegata per guarnire e dare colore a pietanze che non necessitano di una nota pungente. Per esempio, se spolverizzata su un piatto di hummus, garantirà un interessante contrasto cromatico, molto piacevole da vedere.

La paprika affumicata – il famoso pimenton ahumado spagnolo, per intenderci – è perfetta per creare contrasti di sapore in ricette a base dolciastra come le insalate di polpo o di patate. Se aggiunta al babaganoush, che è base di melanzana, donerà alla vostra preparazione una marcia in più.

La versione più piccante di questa spezia, invece, regalerà note calde a stufati e spezzatini: nel celeberrimo gulash all’ungherese, ad esempio, è fondamentale il suo utilizzo.

Composizione e valori nutrizionali della paprika

Grazie all’elevato quantitativo di vitamina C contenuto in questa spezia, a partire dei primi del 900 si riuscì ad arginare lo scorbuto tra i marinai che, costretti a passare in mare diversi mesi, non avevano accesso a frutta e ortaggi freschi.
Il componente attivo principale dei peperoncini è la capsaicina che, presente in varie concentrazioni a seconda della tipologia, rende questi ortaggi più o meno piccanti, contribuendo ad alzare la temperatura corporea e, di conseguenza, ad attivare il metabolismo e stimolare l’apparato circolatorio.

Secondo alcuni studi, però, questo componente sarebbe stato creato dalla natura come repellente naturale contro i mammiferi. Peperoni e peperoncini, infatti, sono frutti cavi, con una parete esterna ricca in pigmenti carotenoidi che racchiude i semi e il tessuto che li trattiene, chiamato placenta. Bene, contrariamente a quanto si pensa, la capsaicina – e, quindi, la piccantezza – dei peperoncini è sintetizzata in quantità maggiore sulle cellule superiori di questa massa, proprio per proteggere i semi dal morso dei mammiferi, che provano molto fastidio masticandola.

La natura, però, non aveva fatto i conti con la logica – ammettiamolo – lievemente perversa dell’essere umano, che almeno 5000 anni fa ha imparato a utilizzare e amare un vegetale pensato per allontanarlo.

Valori nutrizionali medi della paprika per 100 g

Energia: 279 kcal
Carboidrati: 52 g
Di cui zuccheri: 8 g
Grassi: 11 g
Di cui saturi: 1,9 g
Proteine: 14 g
Sodio: 68 mg

Puoi usare la paprika per preparare:

– insalate di polpo
– gulash e stufati
– salse
– babaganoush

Carta d’Identità della paprika

Nome comune: Paprika
Nome scientifico: Capiscum annuum
Origine: Messico
Famiglia: Solanaceae
Maggiori Coltivatori: Ungheria, Messico, Spagna

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